La Stazione Centrale di Milano
Sono le 17 del 10 Dicembre. Il cielo è terso grazie al sole degli ultimi giorni e in particolare oggi c’è stato, soprattutto la mattina, un vento con alcune raffiche potenti. ho visto le foglie color ocra ormai tutte a terra, sollevarsi più in alto di me, in un vortice come uno stormo ed è stato bellissimo. Arrivo a bordo del mio monopattino in piazza Duca d’Aosta; prima di tutto però mi dirigo verso piazza della Repubblica, zona di grandi alberghi lussuosi. Il traffico comincia a farsi congestionato e il monopattino è una benedizione. Salgo sul tetto di una delle due torri per poter fotografare anche via Vittor Pisani e la stazione stessa dall’alto, illuminate dallo sfavillante circo di luci di Natale e degli sponsor ( TIM )che rendono possibili serate come questa. La magia prende forma in uno scenario che, da qui, assume toni avveniristici e nostalgici insieme. Scendo e torno in sella, pochi metri ed eccola lì, di fronte a me, la facciata immutata dal 1931, la Stazione Centrale, una costruzione imponente, con l’esterno ricco di statue. Oltre alla sua naturale funzione di grande fascino: l’essenza stessa del viaggio, i saluti ai binari sono molto più evocativi di quelli che avvengono in un moderno aeroporto, rappresenta uno dei luoghi simbolo della mia città in cui è racchiusa la mia suggestione preferita. Con la sua conformazione su più piani, sormontata da arcate di vetro e ferro, la struttura raggiunge infatti ben 72 metri di altezza. L’aria è frizzantina e tutto intorno a me va scurendosi in fretta. Il consueto traffico è amplificato dalla serata particolare e dal fatto che qualcuno anticipa già la partenza: mancano solo 15 giorni a Natale. Entro e come sempre mi guardo in giro, nonostante conosca questo luogo piuttosto bene, soffermarmi sui suoi dettagli non smette di piacermi, scopro sempre qualche angolino che attira la mia Canon.
In tempi recenti, tra il 2005 e il 2010, la stazione ha subito un rimodernamento davvero necessario. Oltre agli unici due bar tristissimi coi pavimenti perennemente ricoperti di briciole, dove caffè e cappuccino venivano serviti in orribili tazze marroni, è stato smantellato praticamente tutto e sostituito con una sorta di galleria di negozi in verticale, dove, a ogni livello, si possono trovare barettini con una certa personalità, mentre i veri elementi portanti sono rimasti immutati. Così, malgrado la costruzione di moderne scale mobili un po’ a serpentone, per cui non capisco mai bene quale direzione devo prendere per arrivare ai binari, sono sopravvissuti il salone delle biglietterie e i maestosi scaloni in marmo, che danno una vera idea di elevazione verso un passaggio onirico che può condurci altrove. Una ragazza con un buffo berretto solleva con fatica una valigia, gradino dopo gradino. Salgo anch’io, col monopattino ripiegato sulla spalla. La mia mente si fonde con il magnetismo di un’ipotetica, quanto reale, scalata alpinistica e finalmente accedo all’anima della stazione: la galleria di testa, con i 24 binari. Questa sera la stazione verrà illuminata per le ormai prossime festività natalizie. Bagliori suadenti che la vestiranno esattamente come farebbe una bella donna che si prepara per il veglione.
Uno sguardo in alto, verso le cupole in stile liberty, laddove la stazione in realtà è un insieme piuttosto confuso di stili architettonici diversi, e molti sguardi in basso, con la precisa percezione di essere, e in effetti lo sono, sopraelevato di parecchio. Poi c’è la luce naturale, che filtra ovunque, dai grandi archi agli ingressi e dal tetto. L’ora blu raccoglie e accoglie i viaggiatori della sera, che magari trascorreranno l’intera nottata in treno. Nella modernità di un’epoca dove si attraversano i gate mostrando uno smart phone, molto dell’atmosfera della prima metà del secolo scorso è rimasto, o forse anche tutto, perché in treno le capitali europee e il sud d’Italia anche con l’alta velocità rimangono mete lontane, con percorsi lunghi, magari trasbordi, e il vero gusto del viaggio parte e si amplifica proprio da qui, da una delle stazioni ferroviarie più belle del mondo.
I miei occhi e la mia Reflex guardano giù chi ancora deve raggiungere questa zona, chi magari prenderà posto nell’area dedicata all’attesa, del proprio treno o di un amante, un’umanità diffusa e da qui minuscola che incarna il senso della vita: andare avanti e non fermarsi mai. Intanto tutto è pronto: un luna park di luci che ammalierà chiunque. Inquadro e comincio a scattare.
Signori, in carrozza!