28 Dicembre
A Milano è successo qualcosa di bianco.
Previsioni azzeccate e quando mi sveglio c’è un botto di neve. Per la verità mi ero alzato durante la notte e il bagliore proiettato dalla finestra del bagno, dove non ho la tapparella, mi aveva fatto intendere già alle 3.10 che qualcosa di bianco era successo. Mi organizzo con l’attrezzatura: il mio cuore è una pista da ballo, perché ciò che voglio fotografare oggi non verrà meno ai miei canoni precisi: white Christmas va bene, ma anche dark. Come si fa a rendere dark la neve? Si fa, si fa se si ama Milano, se la si venera dall’alto come mi appresto a fare io. Esco, e mi colpisce l’odore della neve: non lo sentivo da molti anni ed è così potente da avvertirlo anche con la mascherina. Valuto ci siano una ventina di centimetri di neve e scelgo l’itinerario: l’edificio soprannominato Rasoio, recentemente acquistato e ristrutturato dall’Unipol sarà la mia prima tappa, poi la Torre Galfa, da lì mi sposterò a City Life a al vicino Parco del Portello, dove, se non congelo, concluderò il mio tour in questo folle Venti20 che ci ha regalato anche una nevicata come non se ne vedeva da anni, con il ghiaccio che scrocchia sotto i piedi, i pupazzi di neve sbilenchi dei bambini, ma anche gli alberi caduti e qualche disagio.
La vista dai piani alti mi restituisce l’esatta magia che stavo cercando.
Milano nevicata, oltre gli stereotipi: i tetti dei palazzi innevati sono piste di pattinaggio per alieni, che potrebbero calarsi da astronavi inaspettate. L’oscurità in queste giornate, che si allungano di pochi minuti dopo il solstizio, arriva presto; il sole tramonta alle 16.49 e da lì in poi è un attimo e la città è avvolta nel blu cobalto, la tonalità emotiva della pace, un colore molto amato. La neve acquista nuove sfumature metalliche, le luci accese negli edifici riflettono il giallo oro e io scatto incurante del freddo, regalandomi qualcosa di davvero bello in un inverno serio, dopo tanti con le temperature più miti. Lo stupore felice nella tragedia pandemica vuole forse urlarci che non è mai tutto completamente da buttare. No, non lo è, è semplicemente spettacolare, è l’abbraccio tra la natura con la sua precipitazione di cristalli di ghiaccio, e il genio umano, che ha ridisegnato lo skyline cittadino.
Oggi con la sua architettura, questa mia città è tra le più moderne al mondo.
I fiocchi che hanno sommerso City Life e l’area del Portello mi ipnotizzano, il mezzo isolamento dell’area arancione comporta che ci siano in giro poche persone, tutto è surreale e ammantato di una prospettiva incantata, una fiaba distopica senza castelli e principesse, con gli abitanti chiusi in casa per la paura e la bellezza immutata delle favole. I ponti pedonali su viale De Gasperi e viale Serra al Portello, moderni ponti levatoi per damine e cavalieri col piumino e il monopattino, appaiono ora candidi e soffici, forse inespugnabili. Infine in fondo, il mio sguardo abbraccia la collinetta a spirale sul giardino ideato da Charles Jencks, un angolo sinuoso e avvolgente con l’immancabile fontanella Drago Verde in cima. E’ una girella di cioccolato che oggi, come per miracolo, ha abbracciato un pandoro e si è sporcata di zucchero a velo. E noi possiamo solo fare festa. Decido che il bianco e nero è la dimensione perfetta per immortalarla e me ne vado, anche se in realtà vorrei scalare quella piccola altura e scivolare giù, un telo cerato sotto il sedere e tornare, solo per un attimo al 1985, quando la neve fu tantissima e qui sorgeva l’Alfa Romeo.
Fotografie di Paolo Marchesi